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Migrare al nord, dai suoi abitanti
Dall’Africa fino a Calais Non sappiamo più dove andare In qualsiasi posto andiamo siamo parassiti Non sappiamo più che fare Polizia ovunque e chiusura delle frontiere Cerchiamo la libertà Ma abbiamo trovato solo razzismo
By Youssif HALIEM Posted in Texts on June 9, 2018 0 Comments 20 min read
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Avete già sentito parlare di Calais? Credo che in questi ultimi anni nei media se ne è sentito parlare talmente tanto che lo stesso Presidente ha dovuto prestarvi attenzione.

Parlo proprio di quella Calais qualificata come “giungla” – o piuttosto zona disumana, come dirà l’Unione Europea – in cui decine di migliaia di migranti vivono e soffrono al freddo e sotto la pioggia senza neanche un tetto sotto cui proteggersi.

Un piccolo gruppo di migranti si è ritrovato attorno a un fuoco, nell’oscurità, in mezzo agli alberi. Ciascuno cerca di riscaldarsi ma restano tutti isolati nei loro pensieri silenziosi.

–        Ahmed stava pensando alla sua famiglia rimasta in Sudan. A sua sorella più piccola di cui sente talmente la mancanza. Si ricordava dei momenti in cui scoppiava a ridere e del fatto che gli saltava al collo, ogni volta che lui rientrava a casa. Pensava al giorno in cui è dovuto scappare dai soldati che lo cercavano e non ha avuto la fortuna di stringerla tra le braccia un’ultima volta. Si ricordava anche di suo padre malato e si chiedeva: sarà ancora in questo mondo? Come farà la famiglia senza di lui? Ci sarà un modo per sapere se la famiglia è al sicuro, senza il figlio maggiore a proteggerli?

Solo a immaginare il viso della sorella più piccola, Ahmed sentiva i brividi che lo attraversavano e le lacrime iniziare a scorrere.

–        Ali, un minore eritreo di 16 anni, stava pensando a ciò che gli era successo in Libia. Si ricordava della faccia orrenda di questo passeur che gli chiedeva più soldi di quelli che aveva. Aveva dovuto lavorare 6 mesi nella sua fattoria. Non aveva nessuna speranza per uscire da questa situazione. In un paese senza leggi, d’altronde, non avrebbe potuto sperare in niente di più di una prigione di Stato a tempo indeterminato.

Ali ritornava a quella notte macabra in cui il libico si avvicinò a lui, completamente ubriaco, urlando: «Mia moglie non mi dà quello che voglio! Come si permette? Devo scoparmi qualcuno». Tirò fuori l’arma e si diresse verso Ali.

«Se ti muovi ti faccio fuori».

Ali non osò muoversi.

«Non ho fatto niente di male, non è colpa mia»

«È una colpa a metà: tu sei venuto qui e lei non mi dà quello che voglio. Levati i vestiti ora, le tue scuse non servono a niente».

Ali iniziò a correre ma si fermò immediatamente quando il passeur cominciò a sparare in aria. Si gettò suAli come una bestia feroce, gli strappò i vestiti e lo sbatté al suolo. Ogni dettaglio è inciso nella memoria di Ali. Nessuno ha potuto sentire le sue grida e ha pianto fino a quando il passeur ha finito e lo ha minacciato un’ultima volta: «Ormai sei il mio schiavo sessuale».

Appena il passeur fu lontano Ali si mise a correre nel deserto, al buio. Ha corso tutta la notte senza fermarsi fino alla città più vicina dove tutto è ricominciato. Ali non ne può più e comincia a piangere anche lui.

Gazi pensava a ciò che era successo in Afghanistan. Si ricordava del giorno in cui i talebani hanno attaccato il suo villaggio, uccidendo tutti gli uomini e recuperando tutti i bambini che incrociavano sulla strada. Suo padre fu ucciso sul muro della loro casa, mentre correvano tutti e tre, insieme a sua madre, per rifugiarsi all’interno. Sua madre gli disse di nascondersi sotto il letto e s’inquietò per lei. Gli rispose: «Non preoccuparti, figlio mio, ho già vissuto. Promettimi che farai di tutto per salvarti e trovare un luogo che sia in pace». Gazi si nascose sotto il letto e quando il talebano entrò, trovò solo sua madre. L’afferrò come un oggetto di sua proprietà e la violentò. Lei piangeva, anche Gazi piangeva. Lei se ne accorse e scoppiò in singhiozzi. Quando ebbe finito, il talebano le tirò una pallottola in testa e andò via. Non si mise a cercare se c’erano altre persone: era stanco. La casa si riempì allora di un silenzio glaciale. Quando Gazi uscì dal nascondiglio vide l’immagine più orribile che possa esistere. Gli ritornarono in mente le ultime parole di su madre. Recuperò i corpi dei suoi genitori e li sotterrò.

Ora si trovava anche lui a piangere, nel campo, in mezzo ai due uomini.

Tutti e tre vedevano le lacrime parlare nel viso degli altri due, ma nessuno iniziò a parlare, né cerco di riconfortare l’altro.

  • Sara, una donna siriana, pensava al momento in cui aveva dovuto smettere di cercare suo marito, dopo che la loro imbarcazione si rovesciò e che tutti i passeggeri caddero in acqua. Sapeva che suo marito non portava il salvagente (aveva dato a lei l’unico che possedevano, dicendole: «Amore mio, non potrei sopravvivere se ti succedesse qualcosa. Solo al pensiero preferisco morire. Promettimi di cercare di essere felice, qualsiasi cosa succeda» le sorrise e le diede un bacio sulla fronte). Si dibatteva nell’acqua e cercò di ritrovare suo marito al suono della sua voce. Poteva sentirlo chiamare: «Habibti (Amore mio) Sono là». Lei lo cercò fino a quando la sua voce si spense. Lei si dimenò nel silenzio per due ore, prima che le guardie costiere sono venute a soccorrerli.

Pensò che la vita era di un’ironia straordinaria: poteva entrare nel Mediterraneo come donna sposata e, lo stesso giorno, uscirne come vedova.

Non poteva più contenere le lacrime e i tre uomini cercarono di confortarla dicendole che tutto sarebbe andato bene. Urlò che aveva già sentito questa frase centinaia di volte da quando era partita e che ogni volta tutto andava peggio e che ogni porta le si chiudeva in faccia.

Un nuovo e più vasto silenzio s’impose. Sapevano tutti che niente sarebbe mai andato meglio e che le loro strade sarebbero rimaste segnate dalla sofferenza . Sofferenza di ciò che succede nel loro paese, delle atrocità vissute durante il viaggio e, alla fine, dell’accoglienza nei paesi in cui avrebbero chiesto l’asilo.
Uno di loro si decise a rompere il silenzio e propose di aprire qualcuna delle bottiglia di birra – scadute – rimaste, per rilassare l’atmosfera.

Sapeva, in fondo al suo cuore, che non era un modo per dimenticare. Accettarono tutti pensando che bere li avrebbe aiutati a non pensare.

Aprirono le birre e cominciarono a bere. Gazi si rivolse agli altri in un inglese un po’ incerto: «Why this France do, no England , door cloth , Europe no good , me back Afghanistan but no choice» ( Perché la Francia si comporta in questo modo? Perché non possiamo passare in Inghilterra? Le frontiere sono chiuse e l’Europa se ne infischia di noi. Farei meglio a rientrare in Afghanistan, ma non ho scelta).

 

Ahmed spiegò: «Sono i politici, ci utilizzano per i loro scopi. Alla fine gli unici che si preoccupano di noi sono i volontari. A volte mi piacerebbe essere un Chihuahua per essere accettato dagli europei, vivere sotto un tetto, avere dei privilegi e  sperimentare come tutti siano gentili con me»

Risero tutti alle parole di Ahmed.

  • Ali allora raccontò una conversazione con una donna che aveva incontrato a Calais.
  • « Mi chiese perché volevamo tutti passare dall’altra parte, dal momento che la Francia era simile all’Inghilterra e che aveva la capacità di accoglierci.
  • Ahmed gli chiese cosa avesse risposto «Gli ho detto che ero sicuro che lei pensava che lo facessimo perché era più facile per noi parlare inglese che imparare il francese. Ma in fondo il problema non era lì. Vorrei partire per il modo in cui siamo trattati. Non siamo mai stati ricevuti in modo degno dal governo, né dall’ OFPRA[1] e dalla CNDA[2]. Si erigono come muri insormontabili e non ci premettono di ricostruirci una vita qui. Abbiamo bisogno dei documenti e fino a quando la Francia non ce li rilascia cercheremo di trovare un’alternativa in un altro paese. L’Inghilterra è difficilmente raggiungibile, ma offre una maggiore considerazione e delle possibilità per ottenere uno status e quindi dei documenti. Per questa ragione la maggior parte delle persone qui sono sudanesi, eritree o afgane. Pur avendo un’abitazione, senza documenti non ci si può ricostruire una vita, restiamo delle ombre.
  • Ahmed chiese « Immaginate di avere la possibilità di rivolgervi direttamente al governo francese e all’insieme dei francesi. Che cosa vorreste dirgli?

Ali rispose: «il mio messaggio s’intitolerebbe: “quanto costo?” Mi piacerebbe fare causa a tutta la classe politica europea ed essere rimborsato. Prima di ogni elezione utilizzano i migranti per prendere voti, indipendentemente dalla loro appartenenza politica. Se si dimostrano contro l’accoglienza dei migranti e suggeriscono delle politiche di espulsione di massa seducono gli elettori che detestano i migranti. Se si mostrano in favore dell’integrazione dei migranti, allora ottengono i voti dei loro sostenitori.

Succede a volte che abbracciano perfino posizioni di apertura e d’integrazione quando invece il loro unico interesse è vincere l’elezione senza che nessuna azione concreta arrivi dopo. Mi piacerebbe conoscere il mio, per farmi indennizzare».

Gazi l’interruppe «Okey , you win , what you do money» ( Ok, ammettiamo che vinci il processo, che cosa farai, dopo, di questi soldi?)
Ali rispose «Farò costruire un’isola chiamata il rifugio dei senza tetto. Ci farò costruire delle case e delle fabbriche e tutti i rifugiati potranno venire qui in pace. Non servirà nessun per vivere in pace su quest’isola». Tutti risero con una fitta al cuore. Speravano segretamente che il sogno di Ali si sarebbe realizzato, per non dover più vivere per strada in Europa.
Ahmed disse: «Chiamerei il mio messaggio: il reality della politica francese. Il principio sarà lo stesso del WWE. Lo conoscete?»

Risposero che, ovviamente «è il Wolrd Wrestling Entertainment in cui si affrontano John Cina e Randy Orton»
«Sì, per chi non lo conosce è uno show americano in cui i lottatori fanno finta di provocarsi e di odiarsi. All’inizio la trasmissione era davvero avvincente ma poi è cambiata. Ora prendono in giro gli spettatori e  mostrano loro dei combattimenti preparati dall’inizio alla fine».

La Francia ha il suo WWE politico. L’analogia è molto semplice: ogni partito ha il suo lottatore che dà sempre il meglio di sé quando è in scena. Lontano dai riflettori i lottatori affinano il loro personaggio e la loro strategia di gioco. Non esitano a offendere delle minoranze per rendere il gioco più avvincente, ma soprattutto per avvicinarsi alla presidenza della Repubblica.

Questo grande gioco si svolge ogni quattro anni e mi lascia senza fiato. So bene che questo succede ovunque nel mondo ma non riesco mai a credere che delle persone possano crederci veramente, e sostenere un politico.

Come scrivevo, quando il WWE è stato inventato si trattava veramente di uno show – così come la politica che ai suoi inizi non era resa marcia dagli imbrogli e dalle menzogne.
Mi piacerebbe poter fermare questo tipo di politica con la stessa facilità con cui si elimina dai programmi questa trasmissione.

Parlare non serve a niente, meglio agire: smettiamola di mentire e passiamo all’azione.

  • Gazi disse «il mio messaggio si chiamerà: “Perché vorrei essere francofono”

Alcuni pensano che vorrei essere francese per approfittare della situazione. I documenti, la tecnologia o le viste magnifiche di Parigi sono gradevoli ma non rappresentano ciò che ho in fondo al cuore.

Ciò che mi piace in Francia sono i francesi, che credono e si battono ancora per i diritti dell’uomo. La libertà d’espressione, la fratellanza e l’aiuto agli altri. Ho incontrato persone molto valide qui e non dimenticherò mai che non hanno esitato a mettersi fra noi e la polizia per proteggerci. O ancora questo piccolo gruppo che faceva le ronde di notte – perfino sotto la pioggia e al freddo – e tutte queste persone che hanno passato più tempo negli accampamenti che nel loro appartamento per servire i loro valori. Voglio essere francese per vivere e imparare da queste persone».

  • Sara dice: «Il mio messaggio si chiamerà: “Parigi, la città dei diritti dell’uomo”. Qualche mese fa dicevamo che Parigi era un esempio per l’accoglienza dei rifugiati ma nessuno l’ha veramente constatato. Anche se alcuni sforzi sono stati fatti per proporre delle soluzioni di alloggio e aprire dei centri, i rifugiati erano sempre bloccati a causa dei documenti.

Tutti conoscono Parigi per la sua bellezza incredibile, la sua Torre Eiffel, il suo Pont des arts, i suoi musei, i suoi giardini e la sua rete di trasporti, che permette di arrivare ovunque.

Avrei voluto talmente tanto che questa città fosse chiamata la città dei diritti dell’uomo e che venisse costruita attorno a questi valori. In questa città la Tour Eiffel, per esempio, avrebbe potuto essere il simbolo della solidarietà. Le linee della metro sarebbero state dei collegamenti tra i cittadini che si guidano e si aiutano. Le luci della città, il simbolo della gioia da donare agli altri, che ciascuno possiede. E piuttosto che ricevere turisti venuti per ammirare palazzi, riceveremmo persone venute per vedere e sostenere i diritti dell’uomo. Sono sicura che una buona parte del pianeta sarebbe pronta a spostarsi e a venire a supportare questa città».

Restarono tutti pensierosi dopo il messaggio di Sara, fino a quando Ali prese di nuovo la parola: «Ok, avrei un altro messaggio da far passare».

  • Questo messaggio si chiama “I figli della Repubblica”

«Sappiamo tutti che i francesi sono figli della Repubblica e che questa Repubblica riposa su un sistema democratico e sui valori di libertà, uguaglianza e fratellanza.

Ciò che vedo oggi è differente: i figli della Repubblica si sono allontanati dai valori della Repubblica e, senza neanche accorgersene, li stanno perdendo. Il razzismo e i pregiudizi non smettono di aumentare fino a diventare ordinari. L’uguaglianza si cancella a poco a poco e alcuni cominciano a distinguere gli altri in funzione delle loro origini, del colore della pelle o della religione. Alcuni di loro affermano dal loro divano che i migranti e gli stranieri gli rubano il lavoro. Queste persone non sono uscite molto da casa loro e hanno dimenticato che è necessario che ciascuno lavori e si guadagni da vivere. Ciò che rafforza la Repubblica sono, giustamente, le persone che si battono per costruirla, ma attualmente i suoi figli la privano di senso».

  • Gazi esclamò a sua volta «Anch’io ho un altro messaggio: abbiamo bisogno di un’altra rivoluzione francese?”»

La maggior parte degli elementi che hanno scatenato la rivoluzione sono di nuovo insieme. Per esempio la religione: la costituzione francese stabilisce chiaramente che ogni cittadino è libero di scegliere la sua religione e che questo non deve essere un criterio di discriminazione.

Ho paura che fra non molto tempo una delle prime domande che si farà, incontrando qualcuno, sarà «qual è la sua religione?». Per me la religione è una relazione intima tra ciò che si è e ciò in cui si crede.

Il regno orribile del re fu una delle ragioni della rivoluzione. Se osservate bene si sta riproducendo la stessa cosa. Questo potrà perfino peggiorare se Marine Le Pen e l’estrema destra vincessero alle presidenziali.

Instaurerebbero una repressione poliziesca delle manifestazioni e farebbero leva sull’economia per far tacere il popolo. È un po’ ciò che succede oggi, quando la polizia viola i diritti interdicendo le manifestazioni e usando la violenza contro il popolo.

Le crisi finanziarie ed economiche mostrano bene l’egoismo del capitalismo e dei politici. Quando la corruzione avrà mandato in cancrena tutta l’amministrazione francese, immagino che dovranno ribattezzare la Repubblica con un altro nome. Molti paesi come il Sudan portano ancora il nome di Repubblica, ma in realtà sono delle “dittature rette dalla corruzione”. La frattura sociale tra ricchi e poveri si estende in Francia e la scomparsa della classe media porterà con sé numerosi conflitti.

La situazione economica e sociale della Francia ricorda molto la situazione che ha portato alla rivoluzione. Mi piacerebbe avvertirli che è necessario un cambiamento, pena il rischio di rivivere una rivoluzione molto presto.

  • Sara esclamò a sua volta: «Ho un secondo messaggio: “Attenzione ai media!”

Quando vivevo in Siria, la mia città era il bersaglio quotidiano dei bombardamenti e ogni volta che consultavo i media mi redigevano un quadro trionfante di Bashar Al Assad. C’era da credere che la guerra sarebbe terminata presto, ma era tutto falso.

Anche la Francia soffre di una guerra dei media, ogni piccolo incidente è presentato come una crisi più grave del reale per pure finalità politiche. Il modo in cui l’informazione è presentata ha un impatto considerevole sul modo in cui i cittadini percepiscono i fatti. La copertura mediatica della crisi dei migranti ne è un esempio lampante.

I media sono coscienti del loro potere e si erigono come una quarta potenza capace di manipolarvi e di farvi agire nella direzione prestabilita. Francesi, fate attenzione alle informazioni che vi danno, non lasciatevi addormentare dal sistema».

Ahmed si alzò e chiese: «Avete sentito parlare dell’umano nazionale’?»

Sara risponde che lei conosce solo la polizia nazionale e la corte nazionale. Ali ha sentito parlare di una guardia nazionale nella costituzione, ma non sapeva veramente qual ‘era il suo ruolo. Gazi dice che ha sentito parlare dell’Assemblea nazionale e dell’esercito nazionale.

Ahmed si spiega meglio:  “la parola nazionale è molto utilizzata ma non ho mai sentito parlare di un uomo nazionale nei paesi sviluppati. L’umano nazionale sarebbe un umano come voi e me, che sarebbe preso in considerazione e protetto. Si tratterebbe di un progetto per tutelare la sicurezza di ogni essere sulla terra, e forse anche degli umani che migreranno sulla luna. Il progetto permetterebbe anche di mettere fine alle guerre e di assicurare che i diritti di ciascuno siano rispettati? Non c’è più alcuna differenza tra esseri umani, ma una sola umanità.

È il progetto di Umano Nazionale

Ali prese la chitarra e cominciò a cantare:

 

Dall’Africa fino a Calais

Non sappiamo più dove andare

In qualsiasi posto andiamo siamo parassiti

Non sappiamo più che fare

Polizia ovunque e chiusura delle frontiere

Cerchiamo la libertà

Ma abbiamo trovato solo razzismo

E ci siamo trovati di fronte al capitalismo

Pensavamo di trovare un paese retto dalla giustizia e le leggi

Ma abbiamo imparato solo che noi non abbiamo né statuto né diritto

Dall’Asia a calais

Tutti gli sguardi si girano verso di noi

Centinaia di firme della polizia sui nostri fogli

Per ritrovarsi alla fine senza documenti

Dall’Asia a Calais

Tutti gli sguardi si voltano verso di noi

Tutti gli sguardi si voltano verso di noi

Centinaia di firme della polizia sui nostri fogli

Per ritrovarsi alla fine senza documenti

Continueremo a cantare per esprimerci

Anche se cercano di convincerci a non farlo

La voce può essere messa in sordina

La mano può essere tagliata

Ma le parole non conoscono limiti e non scompariranno mai

Anche se non abbiamo più inchiostro, apriremo le ferite per utilizzare il nostro sangue.

Dall’Italia a Calais

Scappiamo dalle nostre dittature e scopriamo le vostre

Durante il nostro lungo viaggio

non abbiamo mai chiesto il loro aiuto ma il vostro

Perdonateci se ci sentiamo un po’ delusi

Perdonateci se siamo passati attraverso le vostre proprietà

E se abbiamo liberato i vostri schiavi a migliaia

Perdonateci se siamo timidi e folli

Se ci detestiamo e detestiamo la nostra pelle

Perdonateci se abbiamo interrotto le vostre feste

E rubato il vostro whisky
Per riaprire le nostre ferite e riempirle di whisky, per mostrarvi fino a che punto noi soffriamo

Da Parigi a Calais

Perdonateci se ci siamo ammucchiati, come merce, in una barca

Se siamo andati alla deriva negli oceani per anni e anni

Se non abbiamo trovato nessun dittatore disposto ad accettarci

Se tra tutti i rivoluzionari non ne abbiamo trovato neanche uno che ci ha piantato il coltello in corpo

Perdonateci se abbiamo rifiutato tutto

E se abbiamo rotto tutto

Se non vogliamo mangiare nulla

Come bambini arrabbiati

Se gettiamo i nostri nomi al cimitero della vita

Perdonateci ma provate a comprendere che tutti i deserti e le porte ci hanno rifiutati

Il sole della repressione è ovunque e ci brucia

Perdonateci se sputiamo su quest’epoca che non ha nome

Da Calais a Calais

Un giorno il mondo si ricorderà

Che qui è esisteva una giungla

Una giungla per gli uomini

Una giungla per chi si è perso

Chi sognava l’Inghilterra

Anche se Parigi e Londra sono simili

Il destino è stato imposto con un’ordinanza giuridica

Il giudice annuncia sempre più forte

Nessuna pietà per Calais, Mai Più Calais, Mai più giungla

Temiamo che arrivi un giorno in cui tutto il mondo dirà

mai più rifugiati, mai più diritti umani

Questo giorno annuncerà la fine dell’umanità

Questo giorno qui, la terra diventerà una grande giungla

Piena di animali a quattro zampe, e di animali che prima erano chiamati umani.

 

 

Nota dell’autore

 

Era una conversazione tra le ombre di quattro migranti che vivevano nella giungla, le ombre sono ormai partite per un altro mondo, gli alberi sono utilizzati come tavolo e l’aria non trova più nessuno per essere respirata.

A ogni pasto ricordatevi che certe persone non hanno la fortuna di poter mangiare, e quando voi rientrate a casa in sicurezza pensate che esiste chi non conosce questa pace. Non perché siano stupidi, ma semplicemente perché una certa longitudine e latitudine decidono per voi cosa avrete e cosa non avrete.

Dalla polvere alla polvere

E dalla giungla alla giungla

 

[1] L’OFPRA (Office Français de Protection des Réfugiés et Apatrides) è un ente pubblico, creato nel 1952, che ha il compito di assicurare in Francia l’applicazione delle convenzioni e degli accordi internazionali concernenti i rifugiati (N. d. T.).

[2] La CNDA (Cour National du Droit d’Asile) è l’organo giurisdizionale che si pronuncia sui ricorsi presentati contro le decisioni dell’OFPRA in materia di asilo (N. d. T.).

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